“Terraingiusta”: presentato a Reggio Calabria il Rapporto Medu sul lavoro dei braccianti stranieri

rapportomedudi Simone Carullo - E' stato presentato stamani a Palazzo San Giorgio il rapporto MEDU sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri in agricoltura, nell'ambito della Campagna "TERRAINGIUSTA", contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti. Medici per i Diritti Umani è un'organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale senza fini di lucro, che si propone di portare assistenza sanitaria alle popolazioni più vulnerabili, in Italia e all'estero, e di sviluppare all'interno della società civile spazi democratici e partecipatici per la promozione del diritto alla salute.

"Il rapporto Medu – si legge nelle prime battute – racconta una vera emergenza umanitaria. Dalle baraccopoli di Rosarno al ghetto di Rignano (Foggia) fino all'area di Latina. Sono il frutto di un modo di produzione che in tutta l'Europa del Sud ha le stesse caratteristiche: uso intensivo di manodopera migrante ricattabile (a causa degli status giuridici precari e assenza di diritti riconosciuti); bassa intensità di capitale ed alta intensità di lavoro; "cultura imprenditoriale" basata sull'illegalità; caporalato; luoghi di lavoro estremi; violenza endemica".

Quando, ad esempio, ci si riferisce ai braccianti di Rosarno o ai raccoglitori della Piana di Gioia spesso si parla di "invisibili", ma – scrivono ancora nel rapporto – "gli invisibili delle campagne esistono davvero: sono le multinazionali del pomodoro e del succo di frutta. Sono i padroni dei vini pregiati. Sono gli intermediari mafiosi padroni di aziende e poi i commercianti della grande distribuzione. Sono anche le agenzie internazionali di fornitura di manodopera. Personaggi appartenenti all'economia ufficiale che non hanno timore di contaminarsi con gli abissi dello sfruttamento e spesso della criminalità. Quello che conta è l'economicità del prodotto, l'assenza di sindacato, il basso costo del lavoro".

Parole dure, come a dire che per ogni sfruttato c'è sempre – per forza di cose – uno sfruttatore, anzi un sistema di sfruttamento che prospera e che spesso è la base stessa della nostra economia.

Il rapporto Medu, presentato dalle dottoresse Mariarita Peca, Giulia Bari e Giulia Chiacchella, evidenzia tutta una serie di precarietà e criticità del mondo del lavoro agricolo che, cristallizzandosi come normalità in territori come quello della Piana di Gioia Tauro, danno vita a delle vere e proprie zone franche, aree di illegalità diffusa e difficile da estirpare.

Il dato che salta subito all'occhio è il seguente: del campione preso in esame qui in Calabria, ben il 93% dei braccianti stranieri è regolare. Tuttavia, la maggior parte di loro – circa l'88% - non ha un regolare contratto di lavoro, quindi non sa se riceverà la busta paga e men che mai i contributi, E' evidente inoltre la persistenza del caporalato: circa il 60% degli intervistati, infatti, dichiara di far ricorso ad intermediario; così come persiste la precarietà delle condizioni abitative: il 97% dei migranti vive in strutture fatiscenti, case abbandonate o tendopoli, prive di luce ed acqua corrente. Quasi la totalità dei migranti, inoltre, vive in insediamenti ove non è svolto il servizio di raccolta dei rifiuti; è costretta a lavare gli indumenti a mano ed all'aperto; prepara i pasti attraverso fuochi improvvisati. Scarsa è anche l'integrazione sanitaria (circa il 50% non possiede la tessera sanitaria) e delle malattie maggiormente riscontrate (all'apparato digerente, respiratorio, o osteomuscolari) non vi sono malattie infettive.

A conclusione dei lavori di presentazione l'intervento di Mimmo Nasone, referente regionale di Libera, il quale ha spiegato come la precarietà del diritto alla salute non sia circoscritto ai braccianti stranieri, ma riguardi l'intera popolazione calabrese, che langue in uno stato di sostanziale abbandono.

"La situazione è dolorosa - afferma Nasone -. In Calabria c'è una strumentalizzazione del bisogno che fa il paio con una certa impreparazione a livello istituzionale. Le Asp sono fortemente burocratizzate e chi è in difficoltà non sa a chi rivolgersi. Non c'è una cultura dei diritti – continua – a fronte di risorse che prendono spesso strade sbagliate. In definitiva, siamo di fronte ad una democrazia pallida, perché i diritti ci sono sulla carta ma non vengono garantiti".

Infine un appello alla politica: "Stiano attenti, non si può giocare con la pelle delle persone".

L'intervento di chiusura è di Giuseppe De Marzo, coordinatore Campagna Miseria Ladra di Libera – Gruppo Abele.

"La situazione evidenziata dal rapporto è da Medioevo. Tutto questo ci spinge a domandarci quanto ancora ci preme lottare per la democrazia e per la dignità delle persone? – E ancora - la cultura del rancore e dell'egoismo sociale dove ha portato il nostro Paese? Ebbene, noi vogliamo dire con forza che ci fanno schifo le mafie – continua De Marzo -, ci piange il cuore quando vediamo la gente chiedere l'elemosina per strada, ci infastidisce la disoccupazione giovanile al 60%. Questa è una battaglia che non si vince coi numeri o con le statistiche. Bisogna agire con interventi concreti, promuovendo la democrazia dal basso, ricapitalizzando il Welfare, approvando il reddito di cittadinanza, che noi abbiamo chiamato reddito di dignità, che è uno strumento di contrasto straordinario alle mafie, perché toglie loro l'arma del ricatto. Don Milani ricordava – conclude – la carità senza giustizia è una truffa".