Condannati tutti i fiancheggiatori dei superlatitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro

creagiuseppearresto 500di Angela Panzera - Condannati tutti i fiancheggiatori dei due superlatitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro. Nonostante le pene comminate dal gup Distrettuale Filippo Aragona siano più "basse" rispetto alle richieste formulate dal pm antimafia Francesco Ponzetta, si chiude nove condanne il processo, celebrato con il rito abbreviato, scaturito dall'inchiesta "Spazio di Libertà". Nel luglio dello scorso anno gli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, hanno dato esecuzione al decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura reggina nei confronti di 14 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento personale nei confronti dei latitanti Crea e Ferraro, catturati il 29 gennaio del 2016, nonché di favoreggiamento personale nei confronti di un terzo latitante ossia Antonio Cilona, classe 1980, arrestato dalla Squadra Mobile il 5 gennaio dello scorso anno.

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Ieri il gup Aragona ha condannato Mario Luciano Crea ed Elio Arcangelo Morfeo a 5 anni di carcere, Pietro Garzo, Vincenzo Rosace, Luigi e Domenico Facchineri a 4 anni, Annunziato Garzo a 4 anni e 4 mesi mentre ammonta a 5 anni e 4 mesi di detenzione la pena inflitta per Girolamo Facchineri. Quest'ultimo, difeso dai legali Guido Contestabile e Giuseppe Milicia, era accusato di associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato. Per lui l'accusa aveva invocato ben 13 anni di carcere, ma il gup all'esito del processo lo ha assolto dall'accusa più grave ossia quelli di associazione mafiosa. Infine, 3 ani e 8 mesi di reclusione sono stati inflitti a Pasquale Vitalone. La rete dei favoreggiatori dei tre latitanti è stata ricostruita dagli investigatori della Polizia di Stato nel corso di complesse indagini basate essenzialmente sugli esiti di molteplici intercettazioni telefoniche ed ambientali, di video sorveglianza e di servizi di osservazione e pedinamento, posti a fondamento del provvedimento di fermo emesso dall'Antimafia.

L'inchiesta– che ha condotto alla cattura dei tre latitanti – erano state caratterizzate da mirate attività di osservazione e pedinamento, supportate da un articolato reticolo di sistemi di videosorveglianza. Straordinario rilievo nel corso delle indagini ha assunto l'impiego di sofisticate attrezzature tecniche che hanno consentito di individuare i mezzi di comunicazione tra i due latitanti – Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro – e i loro sodali, i quali erano soliti utilizzare frequenze radio, libere in etere, rispetto ai più moderni sistemi basati sulla telefonia cellulare. L'intercettazione delle radio ha consentito di ricostruire, in tempo reale, non solo la gestione del ménage dei latitanti in fuga, ma anche l'organizzazione dei loro appuntamenti con i familiari e altre persone. 25 metri quadrati. Un bunker piccolo, ma dotato anche di energia elettrica e tv – i due latitanti avevano tutto. Una cucina attrezzata, un frigorifero, una doccia con tanto di acqua calda, provviste fresche, ma anche un vero e proprio arsenale di armi lunghe e corte, fra cui un "Ak-47" pronte ad essere utilizzate. Appesi alla parete c'erano infatti un kalashnikov, due fucili a pompa, due fucili automatici e otto pistole. Ferraro e Crea, sono stati catturati nei pressi di Maropati- nel cuore della Piana di Gioia Tauro- dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, agli ordini di Francesco Rattà, con il supporto della prima sezione dello Sco, guidata da Andrea Grassi, e grazie all'acume investigativo dei poliziotti diretti dal vice questore aggiunto Fabio Catalano, tutti coordinati dal pm antimafia Luca Miceli e dal Procuratore aggiunto Gaetano Paci. Ferraro è un killer e capo carismatico della famiglia di Oppido Mamertina, Giuseppe Crea invece, è figlio di Teodoro Crea, il "Toro" che a Rizziconi controlla ogni respiro della vita politica, sociale ed economica.

Un blitz quello che ha portato alla loro cattura di rilievo straordinario: Ferraro è condannato definitivamente all'ergastolo per fatti di sangue ed era latitante da ben 18 anni. Crea, ritenuto uno dei soggetti più pericolosi dell'intero contesto 'ndranghetista, era irreperibile dal 2003, prima in latitanza volontaria e poi, dopo i primi mandati di cattura, spiccati nel 2006. Per acciuffarli sono stati impiegati oltre 50 uomini armati fino ai denti, una doppia cinturazione dell'obiettivo ubicato su un territorio impervio e denso di insidie. Sembra lo scenario fuoriuscito da un film di guerra, non a caso il questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi, l'ha definito (durante la conferenza stampa ndr) «un' operazione di natura militare». Progressivamente, in silenzio, i poliziotti hanno iniziato a risalire il pendio, ma solo in dieci sono arrivati alle porte del bunker. Gli altri, rimasti indietro, si preparavano a coprire l'eventuale fuga del latitante. L'ufficiale medico, era con loro, pronto ad intervenire in caso di ferite da conflitto a fuoco. Crea e Ferraro però sono stati beccati nel sonno. Non hanno reagito e soprattutto non hanno fatto in tempo a prendere quei due fucili a pompa con il colpo in canna, appesi accanto al letto a castello in cui dormivano. Il blitz degli uomini guidati dal dirigente Catalano è stato preceduto da mesi di lavoro. E anche raggiungere il covo è stata un'impresa difficilissima: i poliziotti della Squadra Mobile cammineranno per circa un chilometro, in un avvicinamento silenzioso quanto difficoltoso, risalendo un crinale ripidissimo. Poi il blitz e la cattura di due soggetti pericolosissimi e della rete di sodali e fiancheggiatori che gli ha permesso di sottrarsi alla giustizia per anni.