Reggio: condannato anche in Appello il boss Checco Zindato

zindatofrancesco500Lievi sconti in Appello per il clan Zindato. Ieri la Corte, presieduta da Massimo Gullino ha condannato tutti i e tre gli imputati del processo, svoltosi in abbreviato, "Tattoo". I giudici di piazza Castello, pur accogliendo l'impianto accusatorio hanno condannato Francesco Zindato, detto "Checco" a 8 anni e 6 mesi di carcere, mentre a Santo Labate sono stati inflitti quattro anni e otto mesi e a Malgorzata Tchorzewska quattro anni di reclusione. All'esito della propria requisitoria il sostituto procuratore Santo Melidona aveva chiesto la conferma delle condanne di primo grado. Il gup, Antonino Scortecci, comminò a Checco Zindato, difeso dall'avvocato Giuseppe Nardo, 11 anni di carcere mentre sei anni furono inflitti a Labate e Tchorzewska. L'operazione "Tattoo" fu condotta dalla Squadra Mobile su coordinamento del pm antimafia Stefano Musolino. L'indagine prende avvio dall'arresto di Zindato, ritenuto il boss di Modena-Ciccarello, quartiere alla periferia sud della città, che quando sarà arrestato in una precedente inchiesta tramite "pizzini" comunicherà i nuovi assetti criminali della propria cosca e impartirà ordini e direttive ai sodali. In tal senso sarebbe emersa la figura della moglie, Malgorzata Tchorzewska, Margherita. La donna avrebbe trasmesso le disposizioni del marito agli affiliati liberi, ma avrebbe avuto anche un ruolo concreto nel racket delle estorsioni. Sì, perché il business non si sarebbe fermato, ma, anzi, sarebbe stato intensificato, proprio per consentire la sopravvivenza della cosca, nonostante i numerosi arresti avvenuti negli anni.

E le redini del sodalizio sarebbero state prese da Demetrio Sonsogno (alias Mico Tatù, da qui il nome dell'operazione). Sonsogno avrebbe svolto il ruolo di dirigente e organizzatore del clan, coordinato il meccanismo di riscossione delle tangenti e nella fattispecie le azioni di Santo e Antonino Labate. Una leadership che emerge chiaramente dalle intercettazioni ambientali: "Perché è l'unico che sa le mie cose ed è l'unico che mi deve fare tutte le mie cose" dice in un colloquio con la moglie. Sonsogno sarebbe stato anche in possesso di un promemoria sul quale sarebbero stati riportati gli affari illeciti: "Mico ha un foglio con un promemoria" dice ancora facendo riferimento a un foglietto che Checco avrebbe ingoiato poco prima di essere arrestato. Lo stesso Sonsogno avrebbe curato anche gli affari del fratello minore di Checco Zindato, Gaetano Andrea Zindato, classe 1984.

Come Ciccio Pesce, Francesco Zindato avrebbe comunicato con la moglie tramite "pizzini", che la moglie polacca intascava e divulgava all'esterno. Come la cosca Gallico di Palmi, anche la 'ndrangheta di San Giorgio Extra avrebbe continuato a riscuotere le estorsioni, nonostante la cattura dei capi. Un meccanismo possibile solo tramite l'avanzamento nelle gerarchie di altri soggetti, come lo stesso Sonsogno.

Ma dalle conversazioni intercettate, emerge come il controllo del territorio debba essere mantenuto, ma senza incappare nell'odio della gente, che avrebbe potuto scatenare propositi di collaborazione con la giustizia: "Le persone ti devono volere bene, ma non perché si spaventano" dice Checco Zindato, sottolineando come non fosse opportuno estorcere denaro a imprenditori in difficoltà: "Cercare soldi alle persone in giro che non hanno da pagare la bolletta".

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Insomma, le conversazioni intercettate e finite sulla scrivania del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, forniscono anche un quadro sociologico del fenomeno 'ndrangheta. La "lezione" di Checco Zindato prosegue, sostenendo come le richieste da fare ai commercianti dovessero essere "ragionevoli", proprio per evitare le denunce: "Se facevo in questa maniera io sai quanto duravo, tre giorni. La gente ti deve volere bene, non ti deve odiare" dice ancora. Piccole cifre, anche 100 euro, e soltanto a chi ne avesse la reale disponibilità: "I soldi glieli devi prendere a chi li ha, non a quelli che lavorano per...". Le estorsioni sarebbero state addirittura rateizzate in dodici mesi, come una vera e propria tassa.

Però la regola è sempre la stessa: tutti devono pagare. Particolarmente indicativa sarebbe un'ulteriore conversazione tra Checco Zindato e la moglie, allorquando il detenuto le dirà di fare incetta di vestiti in un negozio sportivo: "Perché io là ho 1000 euro di buono al mese, hai capito?". A essere vessati, dunque, sarebbero stati imprenditori e commercianti. Un altro episodio documentato dalla Squadra Mobile di Gennaro Semeraro e dalla Sezione diretta da Francesco Giordano è l'estorsione che Tchorzewska e Sonsogno effettueranno presso un impresa edile: il titolare avrebbe dovuto completare una villetta, venderla e consegnare 200mila euro.

Una cifra troppo alta: Checco ordinerà quindi di recuperare "almeno" 50mila euro. Meglio di niente...