Faida di Cinquefrondi: cinque condanne e tre assoluzioni in Appello

reggiocortedappellodi Angela Panzera - Si chiude con tre assoluzioni e cinque condanne il processo di secondo grado sulla faida di Cinquefrondi. Oggi la Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria, Bruno Muscolo presidente con Giuliana Campagna a latere, ha assolto per non aver commesso il fatto Sebastiano Malavenda e poi Mauro Graziano Uras e Arben Ibrahimi perché il fatto non sussiste, in riferimento all'episodio delittuoso del 25 luglio del 2012. Sconti di pena invece per Giuseppe Bruzzese, difeso dai legali Francesco Siclari, Guido Contestabile e Nico D'Ascola, e per Rocco Francesco Ieranó. Bruzzese passa da una condanna a 18 anni di carcere ad una di 12 anni e otto mesi di reclusione, per Ieranó invece solo 8 mesi di sconto e per lui la condanna finale è 16 anni di carcere. Entrambi sono stati riconosciuti colpevoli anche in Appello di omicidio, ma per entrambi i giudici hanno escluso le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili ed inoltre a Bruzzese sono state riconosciute le attenuanti generiche. Riformata la pena anche per Salvatore Callea e Giuseppe Patania che adesso sono stati condannati a 10 anni di carcere. Anche loro sono stati assolti per i fatti antecedenti all'episodio del luglio 2012.

Il 24 marzo dello scorso anno il gup di Palmi condannò a 18 anni di carcere Giuseppe Bruzzese, a 16 anni e 8 mesi Rocco Francesco Ieranò, Vasvi Beluli a 6 anni di reclusione, Arben Ibrahim a 4 anni di carcere. Sebastiano Malavenda, difeso dal legale Pasquale Foti, invece, fu condannato a 12 anni di detenzione, Giuseppe Patania e Salvatore Callea a 10 anni e 8 mesi, Mauro Graziano Uras a 6 anni e 8 mesi. Questo quindi fu l'esito del processo di primo grado celebrato con la formula del rito abbreviato. Oggi invece, il quadro accusatorio è stato ridimensionato e ciò sicuramente peserà nel processo d'Appello, svoltosi in ordinario, che a breve approderà dinanzi ai giudici di secondo grado. Nel luglio dello scorso anno infatti la Corte d'Assise di Palmi, presieduta da Silvia Capone, ha condannato, all'esito del dibattimento, a 17 anni di carcere Vincenzo Fossari, Pasquale Fossari e Bruno Fossari. 15 anni di reclusione sono stati inflitti invece a Salvatore Vecchiè, 14 anni a Salvatore Patania. Tutti, così come richiesto dai pm di Palmi, Enzo Bucarelli e Gianluca Gelso, sono stati riconosciuti colpevoli di tre episodi di tentato omicidio ai danni di Rocco Francesco Ieranò. Per altri due presunti tentativi invece, la Corte li ha assolti. Condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione Saverio Napoli, accusato di favoreggiamento. Assolti infine, sempre dall'accusa di favoreggiamento, Raffaele Giovinazzo e Renato Iannone. L'inchiesta risale al luglio del 2013, quando la Procura di Palmi insieme agli agenti del commissariato di Polistena e A quelli della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria, chiusero il cerchio sulla faida di Cinquefrondi che ha visto contrapporsi da un lato i Bruzzese-Ieranò e dall'altro quella dei Fossari.

Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti Vecchiè, insieme ai cognati Bruno, Pasquale e Vincenzo Fossari, sono i mandanti e l'organizzatore del tentato omicidio di Ierinò, avvenuto il 25 luglio del 2012 nelle vie centrali di Cinquefrondi. I fratelli Fossari e il cognato Vecchiè avrebbero ingaggiato due killer stranieri, con lo scopo di vendicare l'omicidio del loro congiunto Francesco Fossari avvenuto a Melicucco il 2 agosto del 2011. Per quel delitto la Procura di Palmi individuò quali autori Giuseppe Bruzzese, classe 1992 di Cinquefrondi e lo stesso Rocco Francesco Ieranò, che dopo 25 giorni di galera decise di collaborare con l'autorità giudiziaria. Il Fossari, secondo la ricostruzione, fu ammazzato a causa della brusca interruzione della relazione extraconiugale che intratteneva con Antonella Bruzzese, sorella di Giuseppe Bruzzese, nonché moglie, sebbene all'epoca separata, di Giuseppe Ladini, elemento che gli investigatori ritengono essere di spicco della criminalità organizzata cinquefrondese. L'undici luglio del 2013 invece, scattarono, per alcuni di questi imputati, gli arresti. Le richieste cautelari furono avanzate dai pm di Palmi Bucarelli e Gelso, che hanno diretto le indagini, in seguito alle quali contestarono il reato di tentato omicidio aggravato continuato e in concorso, nonché, limitatamente a Beluli e Ibrahimi il reato di porto illegale e la ricettazione di armi. Secondo la ricostruzione anche alcune di queste persone avrebbero partecipato al tentato omicidio di Ieranò, In particolare Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi, considerati gli esecutori materiali del tentato omicidio, sarebbero stati assoldati dai fratelli Fossari e dal loro cognato Vecchiè per vendicare l'omicidio del congiunto. Una scia di sangue partita dal piccolo centro di Cinquefrondi e che sarebbe arrivata fino al viterbese.