Qualcuno era Renziano

renzicilea500di Claudio Cordova - Il dato non può che essere anche politico. A prescindere dal merito della riforma, bocciata in maniera chiara dagli italiani, la schiacciante vittoria del "no" al referendum costituzionale promosso dal premier Matteo Renzi rappresenta anche un forte messaggio dell'elettorato, anche per quanto concerne i territori. Se il presidente del consiglio, che già a spoglio in corso ha annunciato le proprie dimissioni, aveva prima fortemente personalizzato la campagna referendaria e poi chiesto e ottenuto dai propri fedayn una mobilitazione sui territori, proprio la politica locale, scendendo in campo, ha dimostrato di non essere in grado di far presa sulla gente. Il che, in una regione come la Calabria, guidata dal centrosinistra, non è certamente un segnale incoraggiante.

Pur rimanendo la regione dove si è votato meno, a fronte di un'affluenza molto alta a livello nazionale, la Calabria ha bocciato la riforma renziana e, con essa, la classe dirigente che attualmente governa la regione e alcuni importanti centri. La vera sconfitta, di tutti, è quella di aver diviso l'Italia sulla cosa che più di tutte dovrebbe unirla: la Carta Costituzionale della Repubblica. Il voto, infatti, soprattutto sui territori, solo in minima parte rappresenta il volere del popolo circa le pasticciate nuove norme scritte da Maria Elena Boschi, Denis Verdini e altri. Rappresenta, viceversa, un voto "contro" chi si è speso affinché il referendum passasse. Fin da subito, la campagna si è caratterizzata per il clima da "dentro o fuori", in cui in tanti sono scesi in campo a sostengo del "sì", soprattutto nella speranza di racimolare in futuro qualche poltrona, e altrettanti – in passato tra quelli che hanno provato a stuprare la Costituzione – hanno intrapreso la battaglia a difesa della Carta, nel tentativo di rovesciare il tavolo.

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Il presidente della Giunta Regionale, Mario Oliverio, ha sposato la causa renziana, ha partecipato a numerosi incontri per il "sì" in lungo e in largo su tutta la regione. La sconfitta del "sì" è anche la sua sconfitta. Questo non potrà che avere ripercussioni di natura politica, dato che già da più parti e da più tempo si vocifera di un nuovo rimpasto nell'Esecutivo regionale. In Calabria solo il 33% ha votato per il sì: un dato nettamente inferiore rispetto al 40,9 assestatosi a livello nazionale, che boccia non solo la riforma, ma anche le diverse mosse di natura elettorale effettuate dal Governo nei confronti del Sud e della Calabria. Perde Mario Oliverio, ma perde anche il più renziano di tutti: il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Il primo cittadino è stato l'esponente politico che forse maggiormente si è speso per la campagna referendaria, partecipando a un numero impressionante di incontri per il "sì". Il rimpasto di Giunta, annunciato ormai un mese fa e ancora non formalizzato, si incastra nella strategia referendaria che, evidentemente, emerge ora come una tattica fallimentare. Il giovane sindaco ha consegnato sè stesso mani e piedi a Renzi e sperava di poter fare la stessa cosa con la città. Falcomatà è arrivato persino a concedere a Renzi il Teatro Francesco Cilea (sempre fin troppo sottoutilizzato per fini culturali) per il monologo di chiusura della campagna referendaria. La sconfitta del "sì" e del premier è anche la sconfitta di Falcomatà, dato che a Reggio Calabria il "no" sfiora il 70% delle preferenze. E' una sconfitta per l'intero Pd calabrese, dato che persino il segretario regionale, Ernesto Magorno, viene "bastonato" nella sua Diamante, dove il "no" supera il 70%. Ma le amarezze arrivano da tutti i territori, e, come nel caso di Magorno, anche nei piccoli paesi di cui sono originari diversi colonnelli del partito la debacle è chiara: dalla San Giovanni in Fiore di Mario Oliverio alla Vallefiorita del presidente della Provincia di Catanzaro, Enzo Bruno, fino alla Amaroni del consigliere regionale Arturo Bova.

Et cetera, et cetera.

Convinti che l'era di Matteo Renzi fosse solo all'inizio e che, anzi, il referendum costituzionale potesse rappresentare un ulteriore trampolino di lancio, in tanti, in Calabria, si erano riscoperti renziani. E anche chi non ne sposava la causa, manteneva un profilo più basso, in attesa di tempi migliori.

Che ora potrebbero essere arrivati.

Con la crisi del Governo, infatti, tanto per Oliverio, quanto per Falcomatà è l'ora della resa dei conti, con i tanti nemici interni, che per mesi hanno inghiottito bocconi amari, che ora possono rialzare la testa e battere cassa. In alcuni casi potrebbe proprio trattarsi di un vero e proprio assalto alla diligenza per condizionare le future scelte politiche, soprattutto dopo mesi di stasi, in cui tutto era assorbito dalla campagna referendaria.