La relazione della DIA: "La 'ndrangheta frena lo sviluppo della Calabria"

dia inchiestalastampadi Simone Carullo - L'eterna lotta tra il Bene ed il Male è fatta di battaglie che si vincono e di battaglie che si perdono. E per ogni battaglia vinta, sono molti i sacrifici, i fallimenti, i bocconi amari da mandar giù. E per ogni battaglia - che si vinca o che si perda - ci sono numeri, date e nomi da ricordare, non solo per la memoria storica, ma anche perché conoscere il nemico rappresenta uno dei presupposti per combatterlo.

Il periodo di riferimento è il primo semestre del 2015, l'oggetto è la relazione che la Direzione Investigativa Antimafia rende, per tramite del Ministro degli Interni, al Parlamento. Il quadro è quello di un Paese corroso, percosso, pregno di organizzazioni criminali - finanche straniere -, dove quella calabrese spicca per dinamismo e dannosità, e quella reggina per la capacità di "fare sistema". E allora ecco che quelle date, quei nomi e quei cognomi, tutto d'un tratto prendono ad avere un senso anche per noi.

La relazione della DIA racconta di un nemico contro cui non si sa se si stia vincendo oppure no, ma che sicuramente si sta combattendo; racconta di organizzazioni molto più forti che in passato, non solo perché capaci di valicare i confini nazionali facendo affari con le organizzazioni straniere, come ad esempio il cartello della droga latino-americano; ma anche perché capaci di permeare prepotentemente il tessuto sociale, economico e produttivo locale e nazionale, "potendo contare sulla forza dell'intimidazione e del condizionamento anche culturale". Inoltre, il pieno aggancio con il mondo dell'imprenditoria, dopo quello storicamente già avvenuto con il mondo della politica, svincola definitivamente la figura del mafioso dall'immagine tradizionale, per conferirgli una nuova, ambigua e più letale parvenza.

Tutto ciò denota un "modello mafioso" che, disancorato dal luogo di origine del fenomeno, si caratterizza per le "attività criminose nelle sue declinazioni politiche, affaristiche ed economiche, nonché nella commistione con gli apparati della pubblica amministrazione".

Criminalità organizzata calabrese:

"Le manifestazioni criminali calabresi hanno continuato a caratterizzarsi per la generale propensione a proiettare la loro pervasiva e deleteria azione anche oltre i confini di origine, siano essi nazionali che esteri".

'Ndrangheta multinazionale offshore dunque; che continua per una sorta di nefasto capriccio ad operare il consueto, atavico, asfissiante, strangolamento del territorio, pur avendo il grosso dei suoi affari là dove gli affari si fanno. Non a caso la relazione evidenzia come "le cosche di 'ndrangheta continuino a rappresentare un pesante fattore frenante per lo sviluppo economico e sociale della Calabria influenzandone le dinamiche imprenditoriali, commerciali e – quel che è peggio – amministrative".

"Permane – inoltre – evidente la connaturata tendenza della 'ndrangheta a replicare altrove gli assetti organizzativi interni alle cosche [...] secondo il collaudato metodo della colonizzazione. Questa solida rete rappresenta il sostrato sul quale si sono progressivamente innestati molteplici interessi illegali dell'organizzazione, le cui manifestazioni, accanto alla pervasiva infiltrazione nell'economia, conservano in nuce il potenziale ricorso ad azioni violente. A ciò si aggiunga – continua la relazione - una forte capacità di attrarre nella propria sfera di influenza soggetti legati al mondo dell'imprenditoria, della politica, dell'economia e delle Istituzioni, che con essa talvolta colludono contribuendo a rafforzarne la presenza nel territorio e ad alimentarne i circuiti di finanziamento".

Ma la 'ndrangheta non è solo denaro e potere. E' "ricerca del consenso", è insinuazione, è radicamento, è commistione con la cosiddetta zona grigia. E forte di questa capacità di rendere opaco il suo operato, "la 'ndrangheta ha progressivamente ampliato lo spettro delle proprie attività criminali, affiancando ai reati contro il patrimonio ed in materia di armi, all'usura, all'estorsione, all'intestazione fittizia di beni, all'infiltrazione nei pubblici appalti, al riciclaggio ed al reimpiego di denaro – anche accompagnati da azioni omicide – il traffico di stupefacenti, che rimane la principale fonte di finanziamento". Secondo le statistiche, infatti, si segnala un incremento del traffico di sostanze stupefacenti così come per il reato di riciclaggio ed impiego di denaro e beni di provenienza illecita. In leggera diminuzione i reati di associazione mafiosa e per delinquere, omicidi estorsioni e rapine. L'usura resta invariata.

D'altronde, prosegue la relazione "il continuo e pervicace condizionamento della cosa pubblica trova conferma negli esiti di diverse commissioni d'accesso disposti dalle Procure che hanno portato alla gestione commissariale di diversi comuni". Cinque soltanto nella Provincia di Reggio: Taurianova, Africo, San Ferdinando, Bovalino e Bagnara. Uno a testa per le altre province, oltre al caso di Sedriano, nel milanese. E poi vi sono i casi di Rosarno, il cui consiglio comunale è stato sciolto per le dimissioni di oltre la metà dei consiglieri; di Platì e San Luca retti da Commissari Prefettizi.

La 'ndrangheta è ovunque:

La relazione della DIA mette in guardia sulla straordinaria capacità d'infiltrazione della criminalità organizzata calabrese, ovvero sulla possibilità di imbattersi - anche nei settori meno sospetti - in nidi di vespe e covi di serpi. Infatti la 'ndrangheta è dappertutto. Non solo dove più ce la si aspetta, ovvero nel Porto di Gioia Tauro – che comunque rimane la rotta privilegiata dei narcotrafficanti -; nella gestione dei finanziamenti pubblici; nell'edilizia; nella sanità, nell'agricoltura; nei concorsi ecc.. Ma anche nel terzo settore, nella green economy, nel controllo dei beni confiscati.

E per quanto riguarda la provincia reggina, si registra la permanenza di una "pervasiva presenza della criminalità di stampo 'ndranghetista", che si caratterizza per la sua capacità di "fare sistema", intaccando trasversalmente i processi di sviluppo del territorio, strutturandosi secondo un'organizzazione unitaria al cui vertice insiste l'organismo denominato "Crimine o Provincia", che si esprime secondo una gerarchia articolata in locali e 'ndrine, operanti su tre macroaree: Reggio Calabria; la Piana; e la fascia ionica (la Montagna); divise anch'esse in zone d'influenza.

E allora eccoli i nomi dei protagonisti delle "isole dei famosi": De Stefano (centro storico, Archi e Santa Caterina); Condello (Archi); Libri (Centro, Cannavò, Mosorrofa, Spirito Santo e Trabocchetto); Tegano (centro, Archi, Tremulini, Santa Caterina); Fontana; Rugolino; Labate; Ficara - Latella; Alampi ecc.. Nomi arcinoti, il cui elenco è talmente facile da sgranare quasi fosse una formazione di calcio. Nomi e cognomi che ci ricordano date e numeri, ci ricordano notizie al telegiornale, ci ricordano che la nostra terra in fondo non è nostra!