L'apertura di Ryanair: "Pronti a restare negli scali senza aumento tasse"

ryanair aereo"Se il Governo rivedesse le sue decisioni siamo pronti anche noi a rivedere la nostra posizione", così John Alborante, responsabile della comunicazione e del marketing di Ryanair, ha annunciato che la compagnia low cost è pronta a tornare sui suoi passi qualora il governo decidesse di eliminare l'aumento delle tasse aeroportuali che hanno portato alla rinuncia dal 31 ottobre alle basi operative di Alghero e di Pescara e di eliminare i collegamenti con Crotone. Concetti ribaditi anche in una lettera alla Sogeaal, società di gestione dello scalo algherese. Le posizioni della compagnia aerea, riportate sui quotidiani sardi, è precisata in una intervista rilasciata alla Nuova Sardegna da Alborante il quale ha ribadito che "l'aumento delle tasse è stato il motivo scatenante", ed ha spiegato che "per le compagnie aeree tradizionali, i cui biglietti costano anche centinaia di euro, è normale far ricadere gli aumenti di tasse sul consumatore, mentre per una compagnia che vende biglietti anche a 4 euro e 99 centesimi e non addebita ai clienti tasse aeroportuali l'incremento di una tassa può rappresentare anche un irragionevole aumento del 50%". Senza considerare che "l'effetto retroattivo del provvedimento su biglietti già acquistati impedisce a chiunque di rivalersi sui passeggeri", precisa ancora il manager Ryanair per il quale "noi siamo sempre interessati a crescere e consideriamo un incremento di tasse come un danno a tale crescita per il turismo e l'economia del territorio". Per ora ci hanno rimesso gli aeroporti regionali minori rispetto a scali di più ampia portata, "ma in futuro potrebbero rendersi necessari altri tagli", avverte Alborante. Il responsabile comunicazione della società irlandese assicura che non ci saranno licenziamenti per i dipendenti di stanza ad Alghero: "Saranno trasferiti, semmai saranno penalizzati i posti di lavoro dell'indotto". L'ultima stoccata è ancora per il governo Renzi: "Non crediamo sia giusto costringere i privati a sborsare soldi per coprire costi sempre maggiori dovuti a tasse irragionevoli, come nemmeno far ricadere sui contribuenti i debiti (non investimenti) di aziende pubbliche (ma peggio ancora quando diventano private) in perdita".