Reggina: in assenza del caviale, bisogna mangiarsi la polvere...

gradinatacentenariodi Paolo Ficara - Non è un appello. Anche perché, nel recente passato, non è che abbia portato fortuna. Forse è lapalissiano affermare che domenica, contro l'Aversa Normanna fanalino di coda del girone C, la Reggina abbia bisogno di tutto il sostegno possibile per non marcire nei bassifondi della Lega Pro. Già encomiabile quella parte di tifoseria recatasi a Lamezia, ed uscita a testa alta dal 'D'Ippolito' nonostante il 4-0. Adesso è il momento di non abbandonare il ragazzo; di non girarsi dall'altro lato; di mettere da parte qualsiasi tipo di polemica.

Che l'annata fosse delicata per la Reggina, ancora agonizzante in termini di gestione tecnica ed economica, lo avevamo paventato ma non ci aspettavamo di essere già dietro all'Ischia ed alla Paganese, dopo appena 10 turni. Se non si riesce ad essere competitivi ormai da 7 anni, in nessuna categoria, il motivo è presto spiegato. Ma in questa stagione non stiamo imbastendo processi né abbiamo intenzione di farlo, al di là del mancato aplomb di chi annovera sicuramente demeriti peggiori, rispetto a qualche risposta negata in sala stampa.

Ce ne freghiamo. Ci interessa soltanto il percorso della squadra, e di chi è chiamato a trarne il meglio in veste di allenatore. Si viene da settimane mostruose, in termini di botte psicologiche. E se di sicuro non si può chiedere al pubblico di dare qualcosa in più (oltre a sostenere una squadra malmenata dalla Vigor Lamezia), bisogna almeno rimarcare il fatto che quello è l'atteggiamento giusto, augurandoci di trovare la piena partecipazione del resto del 'Granillo', contro l'Aversa Normanna.

Non vincere questo scontro diretto sarebbe un cataclisma, e con tre quarti di campionato ancora da disputare si toccherebbero con mano gli stessi fantasmi della passata stagione. Con una differenza: stavolta si rischia di sparire dal professionismo per gravi demeriti tecnici, ancor prima che per lo scarso virtuosismo finanziario.

Una vittoria è d'obbligo ed andrebbe accolta, qualora arrivasse, con discorsi diversi rispetto a quelli ascoltati dopo il 3-0 sul Cosenza. Di sicuro non sono state le parole del tecnico a far smarrire la squadra, dopo quella partita. Però l'ambiente esterno percepisce confusione, e se si dà un determinato valore a questo organico, di fronte a mancati risultati ci si pongono domande extratecniche che non aiutano a portare serenità. Tra due giorni c'è da inventarsi qualcos'altro in difesa, data la penuria di interpreti in determinati ruoli, tanto per dirne una.

Riteniamo che la fase difensiva non sia il male principale di questa Reggina, ed il 4-0 di Lamezia, senza voler gettare la croce addosso a nessun singolo, è anche frutto di qualche stato confusionale non superato nell'arco del match (una sostituzione non sarebbe stata una cattiva idea). È dalla metà campo in su che si diventa improduttivi il più delle volte, e se fin qui l'attenzione è stata puntata sugli attaccanti, va anche sottolineato che raramente si assiste a qualche cambio di passo nel settore nevralgico. Forse per caratteristiche. O per fiato?

Tornando all'incipit: il pubblico ha il diritto/dovere di dare il buon esempio. Per la Reggina. Per la maglia. Per quella maglia protagonista di un coro sul quale, onestamente, storciamo il naso da anni: sono i calciatori ad indossarla, e se non vengono incitati difficilmente la sentiranno propria. La tifoseria individui i singoli su cui riporre maggior fiducia, e faccia ascoltare il proprio sostegno. Non è un caso se, a distanza di anni, gli ex amaranto protagonisti di qualche intervista hanno ancora nelle orecchie le rime dedicate dagli ultras. L'epoca dell'oro e del caviale ci è passata davanti come se nulla fosse. Ora bisogna accontentarsi della polvere. Finché ce n'è.