Terrorismo: la coppia arrestata a Lecco trasferita in carcere della Calabria?

coppialeccoterrorismoNessun legame con l'Isis, nessuna intenzione di fare attentati in Italia. Solo parole, a volte pronunciate con rabbia, a volte solo fanfaronate esagerate. Ma mai c'è stata intenzione di arruolarsi nelle fila dello Stato Islamico per danneggiare qualcosa o qualcuno. Chi più, chi meno, in termini diversi a seconda della storia alle spalle, si sono difesi così almeno tre degli arrestati di giovedì scorso, accusati di terrorismo internazionale, fermati e ammanettati in fretta e furia per scongiurare quello che il gip di Milano, Manuela Cannavale, ha indicato nella sua ordinanza come un "elevatissimo allarme" per "i ripetuti riferimenti all'Italia come luogo di prossimi ed imminenti attentati, atteso che in tale Paese non è ancora stato fatto nulla, sebbene sia il Paese dei crociati". L'attenzione, questa mattina, nel carcere di San Vittore a Milano, era soprattutto puntata su Moutaharrik Abderrahim e Bencharki Salma, la coppia di giovani sposi, con due bimbi piccoli ora affidati ai nonni paterni che, secondo l'accusa, erano pronti non solo ad andare in Siria ma anche, per quel che riguarda lui, il pugile, di fare attentati in Italia, in Vaticano e all'ambasciata di Israele. La coppia, difesa dall'avvocato Francesco Pesce, ha risposto alle domande degli inquirenti dando una versione ben diversa: andare in Siria forse sì, ma solo per volontariato. "Vedendo le immagini dei bambini martoriati volevo andare in Siria ad aiutare la popolazione, e non arruolarmi nell'esercito dell'Isis", ha spiegato il pugile come riferisce il suo legale. "Non mi farei mai saltare in aria, non farei mai del male a gente con cui sono cresciuto", ha anche dichiarato il campione di kickboxing. E' vero, moglie e marito avevano chiesto un finanziamento da 7.000 euro ma, dice ancora il legale "i due sono pronti a dimostrare che con quella somma avrebbero voluto azzerare alcuni debiti fatti in passato e non per viaggiare. Lo confermano anche i genitori degli arrestati".

A Moutaharrik il gip ha fatto domande solo sul presunto attentato all'ambasciata israeliana ma il pugile ha replicato che si trattava solo di "cose dette con leggerezza, senza alcun tipo di seguito". Nessuna domanda, invece, è stata rivolta loro su possibili attentati in Vaticano o in territorio italiano in generale. I due "non potevano negare di aver detto le frasi che sono state registrate - ha proseguito il legale - ma le loro frasi vanno viste in un contesto più ampio. Avevano rapporti con persone non collegate direttamente con l'Isis che gli servivano per andare in Siria. A un musulmano occorre un nulla osta per entrare in quel Paese". Salma Bencharki, spiega ancora l'avvocato Pesce "nonostante metta il velo probabilmente per compiacere il marito non è nemmeno, e così confermano anche i genitori, nemmeno una musulmana così attenta ai precetti del Corano. Faceva la mamma e basta". Moglie e marito ora, spiega ancora il difensore "saranno trasferiti in un carcere in Calabria oppure nel penitenziario di Nuoro, perché San Vittore non può ospitare presunti terroristi". La parola è poi andata a Abderrahmane Khachia, fratello di Khachia Oussama, foreign fighter deceduto combattendo per le milizie dello Stato Islamico. Secondo gli inquirenti organizzava il viaggio proprio e di Moutaharrik Abderrahim e di Bencharkl Salma per unirsi alle forze dell'Is in Siria e per questo, dapprima riferiva a Moutaharrik che avrebbe avuto la possibilità di contattare un "turco" tramite il proprio padre Khachia Brahim per facilitare il viaggio verso la Siria, poi ospitava presso la propria abitazione in Varese Moutaharrik Abderrahim e la moglie.

Le sue parole intercettate, insieme agli elementi raccolti, sono valse, per gli inquirenti, le manette. Ma "ho detto solo fanfaronate generiche, discorsi esagerati, iperbolici. Non ho mai avuto intenzione di fare male a qualcuno", ha dichiarato il giovane oggi al gip di Milano. Khachia Abderrahmane, dice il suo difensore, l'avvocato Luca Bauccio "è un ragazzo normale, estraneo al mondo dell'Is e del terrorismo. Bisogna stare attenti a non processare fanfaronate al telefono. Agiamo in un contesto sociale che rende colpevoli i sospetti". Quello di oggi è stato solo 'il primo giro' di interrogatori. A giorni verranno fissati i faccia a faccia tra gli indagati e i pm guidati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. Le difese, intanto, preparano le loro mosse ma, sembra di capire, senza troppa fretta almeno da un punto di vista di richieste formali. Allo stato, i legali sembrano più orientati a trovare elementi a favore dei loro assistiti. Ma i confronti, dopo le manette, sono appena incominciati.